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DAVIDE MORELLI













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Immobili in affitto: conviene una assicurazione?

L’art. 1588 del cod. civ., in tema di perdita e deterioramento della cosa locata, prevede che il conduttore risponda della perdita e del deterioramento dell’immobile che avvengano nel corso della locazione, anche se derivanti da incendio, qualora non provi che siano accaduti per causa a lui non imputabile . Ne risponde anche se sono causati da persone a cui ha concesso, anche temporaneamente, l’uso o il godimento della cosa.

Vi è quindi una presunzione di colpa a carico del conduttore, affermata da tale articolo anche in caso di incendio, quando questo e opera di terzi non individuati, la presunzione sarebbe superabile (solo) con la prova del conduttore di aver adempiuto ad ogni dovere del buon padre di famiglia ( Cassazione, sentenza 17.12.2010, n. 25644 ).

Per sottrarsi dalla responsabilità il conduttore deve innanzitutto riuscire a dimostrare la causa dell’incendio, identificandola concretamente, deve poi riuscire a dimostrare che la stessa non e a lui imputabile. In difetto di tale prova, la causa che rimanga sconosciuta o anche dubbia della perdita o del deterioramento della cosa locata rimane a suo carico. Non e neppure sufficiente che il conduttore non sia stato ritenuto responsabile in sede penale, perché ciò non comporta di per sé l’identificazione della causa a lui non imputabile. La causa potrebbe infatti rimanere ignota.

Il consiglio e quello di contrarre idonea copertura assicurativa al momento in cui si stipula il contratto di locazione, anche contro i rischi derivanti da incendio, ulteriore consiglio e quello di avere una polizza assicurativa del fabbricato stipulata dal proprietario dei muri (e quindi locatore degli stessi) e che il conduttore provveda invece a stipulare polizza contro i rischi di incendio derivanti dalla sua attività ivi svolta (se locazione non abitativa) o dai rischi abitativi, possibilmente con la stessa compagnia del locatore, in modo da evitare possibili scarichi di responsabilità tra compagnie diverse. E’ bene che risultino comunque assicurati danni che, in un edificio condominiale, possano derivare a parti comuni (scale, tetto, impiantì etc..) e ad alloggi privati di altri condòmini.


Multa legittima se il semaforo giallo dura più di tre secondi

Con il semaforo giallo bisogna fermarsi?

La risposta è sì, anche se il giallo dura un secondo in meno del solito (3 anziché 4). Lo ha affermato la Cassazione nella sentenza n° 27348 del 23 dicembre 2014. La questione non è marginale: da questo secondo di differenza derivano sanzioni da 162 euro e 6 punti in meno sulla patente.

Un automobilista aveva presentato un ricorso contro una sentenza del Tribunale di Lodi (in appello) che respingeva le opposizioni a quattro verbali di contestazione di infrazioni al Codice della Strada rilevate con apparecchiatura elettronica in orario notturno afferenti la prosecuzione della marcia nonostante il semaforo proiettasse luce rossa.

L’automobilista contestava l’illegittimità dell’apparecchiatura e l’omessa motivazione sulla contestazione relativa alla durata della luce semaforica gialla che, essendo pari a 3,365 secondi, era sufficiente a consentire l’attraversamento dell’incrocio in condizioni di sicurezza come prescritto dall’art. 41, comma 10, del Codice della Strada.

La Cassazione ha ribadito che lo strumento risultava regolarmente omologato, installato e controllato nel suo funzionamento. Per quanto concerne la durata della luce semaforica gialla, la stessa non ha alcuna rilevanza poiché la ricorrente era stata contravvenzionata per avere attraversato con il semaforo rosso senza ottemperare a quanto disposto dall’art.41 comma 10 del CdS che “legittima” il passaggio con la luce gialla solo se i veicoli “vi si trovino così vicini da non potersi più fermare in condizioni di sicurezza”.

La Corte ha affermato che “l’automobilista deve adeguare la velocità allo stato dei luoghi e che una durata di quattro secondi non costituisce un dato inderogabile”; in ogni caso “una durata superiore ai 3 secondi deve senz’altro ritenersi congrua”. Il Codice della Strada non indica una durata minima del periodo di accensione della lanterna di attivazione gialla, stabilisce solo che il tempo minimo di durata non può mai essere inferiore a tre secondi.

Questa interpretazione potrebbe far scattare nuove multe, con l’installazione dei cosiddetti “telered” che immortalano gli automobilisti indisciplinati. Il sindaco di Chicago ridusse di un decimo di secondo la durata dei semafori cittadini, incrementando gli introiti delle sanzioni di 8 milioni di dollari. 


Tutela dalle aggressioni dei cani: i sei punti per essere dei bravi padroni

Il cane è il migliore amico dell’uomo, ma, se non addestrato, può essere difficile da gestire, specie quando parliamo di esemplari dalla grande stazza. In caso di aggressioni all’uomo diventa troppo facile prendersela con l’animale, additandolo come “cattivo” ed immergendosi nei soliti luoghi comuni: “I pitbull sono aggressivi, i doberman sono incontrollabili dopo una certa età..”. La realtà è che l’animale è preciso riflesso del padrone, dal quale dipende il suo comportamento, per questo, prima ancora d’addestrare un cane, sarebbe bene educare chi li porta in giro. Questo l’obiettivo del Ministero della Salute, il quale, con un’ordinanza in vigore dal 6 agosto 2014 ha fissato una serie di concetti già noti, ma ancora purtroppo non sufficientemente conosciuti, in materia di tutela dell’incolumità pubblica dall’aggressione di cani.
Ecco i punti fondamentali stabiliti dal documento:

1. Il proprietario del cane, o colui che ne abbia la custodia anche solo per un periodo di tempo, ha la responsabilità del benessere dell’animale e risponde dei danni che esso possa provocare a persone o a cose, sia in sede civile che penale.
2. Quando si porta a spasso un cane in aree pubbliche (tranne quelle espressamente riservate), occorre tenerlo sempre legato al guinzaglio, e quest’ultimo non deve essere più lungo di 1,5 metri. Occorre inoltre utilizzare la museruola.
3. Il cane deve essere sempre condotto da una persona in grado di gestirlo, ed occorre essere sempre equipaggiati per la raccolta delle deiezioni dell’animale.
4. Affinchè ogni padrone possa essere preparato ad accudire il proprio cane, già con il precedente Decreto Ministeriale 19/2009 erano stati introdotti del percorsi formativi organizzati dai Comuni, della durata di dieci ore, al superamento dei quali veniva rilasciato un “patentino”. Nati come corsi facoltativi, con l’ordinanza del Ministero della Salute sono diventati obbligatori nel caso in cui veterinari segnalino ai servizi veterinari dell’azienda sanitaria locale dei casi di pazienti “problematici”, o qualora la segnalazione arrivi dai comuni a seguito del verificarsi di episodi di morsicatura.
5. È confermato il divieto di addestrare, selezionare o incrociare cani allo scopo di creare animali più aggressivi, così come il doping o l’effettuazione di interventi chirurgici difformi alla Convenzione Europea di Strasburgo 13/11/87 per la protezione degli animali da compagnia. Gli atti difformi al divieto, vengono considerati maltrattamento su animali (art. 544-ter c.p.).
6. E’ fatto divieto di detenere cani ai delinquenti abituali o per tendenza, a chi sia sottoposto a misure di prevenzione o di sicurezza, a chi sia stato condannato per un delitto non colposo contro la persona o il patrimonio punibile con la reclusione superiore a due anni, a chi sia stato condannato per i reati di cui agli artt. 727, 544-ter, 544-quater, 544-quinquies c.p. o per i reati previsti dall’art. 2 della legge 189/2004, dall’art. 4 della legge 201/2010, ai minori ed agli infermi di mente.


Furti d’identità e frodi creditizie: il fenomeno e gli strumenti per proteggersi

L’osservatorio CRIF sui furti di identità e le frodi creditizie ha rilevato nel solo primo semestre 2014 oltre 9.000 casi di frode perpetrati acquisendo in modo fraudolento dati personali e finanziari di ignari cittadini italiani. Nello specifico, le frodi creditizie – ovvero quegli atti criminali che si realizzano mediante furto di identità e il successivo utilizzo illecito dei dati personali e finanziari altrui per ottenere credito o acquisire beni con l’intenzione premeditata di non rimborsare il finanziamento e non pagare il bene – pesano sempre in maniera significativa sul credito al consumo, con un aumento dell’importo medio del 7%.

Chi sono le persone più colpite?

L’analisi della distribuzione delle frodi per sesso delle vittime evidenzia che in 6 casi su 10 si tratta di uomini. I più colpiti sono gli under 40, ma vi è un forte incremento di casi fra gli ultra sessantenni (+27% rispetto al 2013).

Cosa si acquista con i finanziamenti ottenuti con il furto d’identità?

Oltre la metà dei prodotti acquistati attraverso un finanziamento ottenuto fraudolentemente è costituita da elettrodomestici o oggetti di elettronica, informatica e telefonia. Mantengono una quota significativa anche il comparto auto-moto (6,0%) e quello dell’arredamento (5,4%).

Quando si scopre?

Solo nella metà dei casi la frode viene scoperta entro 12 mesi, mentre circa il 18% non viene alla luce prima di 3 anni, con inevitabili maggiori disagi per le vittime. Se la frode non viene scoperta con tempestività (ad esempio in seguito alle prime operazioni di sollecito di pagamento ricevute dal consumatore frodato) rimane nell’ombra molto a lungo, rendendo poi estremamente difficoltoso ricostruire il caso e ripristinare la reputazione creditizia della vittima. Più si allungano i tempi di scoperta e più scarse saranno anche le possibilità di individuare l’autore del crimine.

Come difendersi dai furti di identità?

Per una efficace prevenzione dai furti di identità prima di tutto è indispensabile alzare il livello di allerta. Il Ministero della Difesa ha elencato una serie di accorgimenti utili, che vi riportiamo di seguito:

  • fornire i dati solo a società conosciute e verificare che il sito web sia davvero quello della società (fingere siti di banche o altri servizi, purtroppo, non è così difficile);
  • usare tutti gli strumenti di sicurezza disponibili: password, connessioni cifrate (quelle che iniziano con https davanti all’indirizzo), doppie verifiche, come l’invio di un codice di conferma sul proprio telefono;
  • leggere le informative sul trattamento dei dati per sapere come revocare l’autorizzazione e per evitare che vengano condivisi con società terze;
  • fare attenzione a ciò che pubblichiamo online: un potenziale ladro di identità cercherà tutti i nostri profili e le informazioni che abbiamo messo online, non si limiterà a un solo sito; più condividiamo informazioni più facilitiamo il lavoro di chi vuole rubarci l’identità; ad esempio, la condivisione di una foto di un animale domestico cui si è particolarmente affezionati e il cui nome viene utilizzato come password della casella di posta elettronica personale rischia di fare un grande regalo ai malintenzionati. Inoltre, le informazioni contenute nei profili pubblici possono essere usate anche per preparare esche perfette per tendere una trappola: è il meccanismo che sta alla base del phishing e delle altre truffe perpetrate via email.
  • mantenere sempre aggiornati il sistema operativo, l’antivirus, i programmi e le applicazioni, non solo sul computer ma anche su tablet e smartphone;
  • controllare spesso il proprio conto corrente per rendersi conto il prima possibile di eventuali anomalie, come pagamenti non riconosciuti, e contattare subito la propria banca.









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