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Immobili in affitto: conviene una assicurazione? L’art. 1588 del cod. civ., in tema di perdita e
deterioramento della cosa locata, prevede che il conduttore
risponda della perdita e del deterioramento dell’immobile che avvengano nel
corso della locazione, anche se derivanti da incendio, qualora non provi che
siano accaduti per causa a lui non imputabile . Ne risponde anche se
sono causati da persone a cui ha concesso, anche temporaneamente, l’uso o il
godimento della cosa.
Vi è quindi una presunzione di colpa a carico del
conduttore, affermata da tale articolo anche in caso di incendio, quando questo
e opera di terzi non individuati, la presunzione sarebbe superabile (solo) con
la prova del conduttore di aver adempiuto ad ogni dovere del buon padre di
famiglia ( Cassazione, sentenza 17.12.2010, n.
25644 ).
Per sottrarsi dalla responsabilità il conduttore
deve innanzitutto riuscire a dimostrare la causa dell’incendio, identificandola
concretamente, deve poi riuscire a dimostrare che la stessa non e a lui
imputabile. In difetto di tale prova, la causa che rimanga sconosciuta o anche
dubbia della perdita o del deterioramento della cosa locata rimane a suo carico.
Non e neppure sufficiente che il conduttore non sia stato ritenuto responsabile
in sede penale, perché ciò non comporta di per sé l’identificazione della causa
a lui non imputabile. La causa potrebbe infatti rimanere ignota.
Il consiglio e quello di contrarre idonea
copertura assicurativa al momento in cui si stipula il contratto di locazione,
anche contro i rischi derivanti da incendio, ulteriore consiglio e quello di
avere una polizza assicurativa del fabbricato stipulata dal proprietario dei
muri (e quindi locatore degli stessi) e che il conduttore provveda invece a
stipulare polizza contro i rischi di incendio derivanti dalla sua attività ivi
svolta (se locazione non abitativa) o dai rischi abitativi, possibilmente con la
stessa compagnia del locatore, in modo da evitare possibili scarichi di
responsabilità tra compagnie diverse. E’ bene che risultino comunque assicurati
danni che, in un edificio condominiale, possano derivare a parti comuni (scale,
tetto, impiantì etc..) e ad alloggi privati di altri condòmini.
Multa legittima se il semaforo giallo dura più di tre
secondi
Con
il semaforo giallo bisogna fermarsi?
La
risposta è sì, anche se il giallo dura un secondo in meno del solito (3 anziché
4). Lo ha affermato la Cassazione nella sentenza n° 27348 del 23 dicembre 2014.
La questione non è marginale: da questo secondo di differenza derivano sanzioni
da 162 euro e 6 punti in meno sulla patente.
Un
automobilista aveva presentato un ricorso contro una sentenza del Tribunale di
Lodi (in appello) che respingeva le opposizioni a quattro verbali di
contestazione di infrazioni al Codice della Strada rilevate con apparecchiatura
elettronica in orario notturno afferenti la prosecuzione della marcia nonostante
il semaforo proiettasse luce rossa.
L’automobilista
contestava l’illegittimità dell’apparecchiatura e l’omessa motivazione sulla
contestazione relativa alla durata della luce semaforica gialla che, essendo
pari a 3,365 secondi, era sufficiente a consentire l’attraversamento
dell’incrocio in condizioni di sicurezza come prescritto dall’art. 41, comma 10,
del Codice della Strada.
La
Cassazione ha ribadito che lo strumento risultava regolarmente omologato,
installato e controllato nel suo funzionamento. Per quanto concerne la durata
della luce semaforica gialla, la stessa non ha alcuna rilevanza poiché la
ricorrente era stata contravvenzionata per avere attraversato con il semaforo
rosso senza ottemperare a quanto disposto dall’art.41 comma 10 del CdS che
“legittima” il passaggio con la luce gialla solo se i veicoli “vi si trovino
così vicini da non potersi più fermare in condizioni di sicurezza”.
La
Corte ha affermato che “l’automobilista deve adeguare la velocità allo stato dei
luoghi e che una durata di quattro secondi non costituisce un dato
inderogabile”; in ogni caso “una durata superiore ai 3 secondi deve senz’altro
ritenersi congrua”. Il Codice della Strada non indica una durata minima del
periodo di accensione della lanterna di attivazione gialla, stabilisce solo che
il tempo minimo di durata non può mai essere inferiore a tre secondi.
Questa
interpretazione potrebbe far scattare nuove multe, con l’installazione dei
cosiddetti “telered” che immortalano gli automobilisti indisciplinati. Il
sindaco di Chicago ridusse di un decimo di secondo la durata dei semafori
cittadini, incrementando gli introiti delle sanzioni di 8 milioni di
dollari.
Tutela dalle aggressioni dei cani: i sei punti per essere dei bravi
padroni
Il
cane è il migliore amico dell’uomo, ma, se non addestrato, può essere difficile
da gestire, specie quando parliamo di esemplari dalla grande stazza. In caso di
aggressioni all’uomo diventa troppo facile prendersela con l’animale,
additandolo come “cattivo” ed immergendosi nei soliti luoghi comuni: “I pitbull
sono aggressivi, i doberman sono incontrollabili dopo una certa età..”. La
realtà è che l’animale è preciso riflesso del padrone, dal quale dipende il suo
comportamento, per questo, prima ancora d’addestrare un cane, sarebbe bene
educare chi li porta in giro. Questo l’obiettivo del Ministero della Salute, il
quale, con un’ordinanza in vigore dal 6 agosto 2014 ha fissato una serie di
concetti già noti, ma ancora purtroppo non sufficientemente conosciuti, in
materia di tutela dell’incolumità pubblica dall’aggressione di cani. Ecco i
punti fondamentali stabiliti dal documento:
1.
Il proprietario del cane, o colui che ne abbia la custodia anche solo per un
periodo di tempo, ha la responsabilità del benessere dell’animale e risponde dei
danni che esso possa provocare a persone o a cose, sia in sede civile che
penale. 2. Quando si porta a spasso un cane in aree pubbliche (tranne quelle
espressamente riservate), occorre tenerlo sempre legato al guinzaglio, e
quest’ultimo non deve essere più lungo di 1,5 metri. Occorre inoltre utilizzare
la museruola. 3. Il cane deve essere sempre condotto da una persona in grado
di gestirlo, ed occorre essere sempre equipaggiati per la raccolta delle
deiezioni dell’animale. 4. Affinchè ogni padrone possa essere preparato ad
accudire il proprio cane, già con il precedente Decreto Ministeriale 19/2009
erano stati introdotti del percorsi formativi organizzati dai Comuni, della
durata di dieci ore, al superamento dei quali veniva rilasciato un “patentino”.
Nati come corsi facoltativi, con l’ordinanza del Ministero della Salute sono
diventati obbligatori nel caso in cui veterinari segnalino ai servizi veterinari
dell’azienda sanitaria locale dei casi di pazienti “problematici”, o qualora la
segnalazione arrivi dai comuni a seguito del verificarsi di episodi di
morsicatura. 5. È confermato il divieto di addestrare, selezionare o
incrociare cani allo scopo di creare animali più aggressivi, così come il doping
o l’effettuazione di interventi chirurgici difformi alla Convenzione Europea di
Strasburgo 13/11/87 per la protezione degli animali da compagnia. Gli atti
difformi al divieto, vengono considerati maltrattamento su animali (art. 544-ter
c.p.). 6. E’ fatto divieto di detenere cani ai delinquenti abituali o per
tendenza, a chi sia sottoposto a misure di prevenzione o di sicurezza, a chi sia
stato condannato per un delitto non colposo contro la persona o il patrimonio
punibile con la reclusione superiore a due anni, a chi sia stato condannato per
i reati di cui agli artt. 727, 544-ter, 544-quater, 544-quinquies c.p. o per i
reati previsti dall’art. 2 della legge 189/2004, dall’art. 4 della legge
201/2010, ai minori ed agli infermi di mente.
Furti d’identità e frodi creditizie: il fenomeno e gli strumenti
per proteggersi
L’osservatorio
CRIF sui furti di identità e le frodi creditizie ha rilevato nel solo primo
semestre 2014 oltre 9.000 casi di frode perpetrati acquisendo in modo
fraudolento dati personali e finanziari di ignari cittadini italiani. Nello
specifico, le frodi creditizie – ovvero quegli atti criminali che si realizzano
mediante furto di identità e il successivo utilizzo illecito dei dati personali
e finanziari altrui per ottenere credito o acquisire beni con l’intenzione
premeditata di non rimborsare il finanziamento e non pagare il bene – pesano
sempre in maniera significativa sul credito al consumo, con un aumento
dell’importo medio del 7%.
Chi
sono le persone più colpite?
L’analisi
della distribuzione delle frodi per sesso delle vittime evidenzia che in 6 casi
su 10 si tratta di uomini. I più colpiti sono gli under 40, ma vi è un forte
incremento di casi fra gli ultra sessantenni (+27% rispetto al 2013).
Cosa
si acquista con i finanziamenti ottenuti con il furto d’identità?
Oltre
la metà dei prodotti acquistati attraverso un finanziamento ottenuto
fraudolentemente è costituita da elettrodomestici o oggetti di elettronica,
informatica e telefonia. Mantengono una quota significativa anche il comparto
auto-moto (6,0%) e quello dell’arredamento (5,4%).
Quando
si scopre?
Solo
nella metà dei casi la frode viene scoperta entro 12 mesi, mentre circa il 18%
non viene alla luce prima di 3 anni, con inevitabili maggiori disagi per le
vittime. Se la frode non viene scoperta con tempestività (ad esempio in seguito
alle prime operazioni di sollecito di pagamento ricevute dal consumatore
frodato) rimane nell’ombra molto a lungo, rendendo poi estremamente difficoltoso
ricostruire il caso e ripristinare la reputazione creditizia della vittima. Più
si allungano i tempi di scoperta e più scarse saranno anche le possibilità di
individuare l’autore del crimine.
Come
difendersi dai furti di identità?
Per
una efficace prevenzione dai furti di identità prima di tutto è indispensabile
alzare il livello di allerta. Il Ministero della Difesa ha elencato una serie di
accorgimenti utili, che vi riportiamo di seguito:
- fornire
i dati solo a società conosciute e verificare
che il sito web sia davvero quello della società (fingere siti di
banche o altri servizi, purtroppo, non è così difficile);
- usare
tutti gli strumenti
di sicurezza disponibili: password, connessioni cifrate (quelle che
iniziano con https davanti all’indirizzo), doppie verifiche, come l’invio di un
codice di conferma sul proprio telefono;
- leggere
le informative sul trattamento dei dati per sapere come revocare
l’autorizzazione e per evitare che vengano condivisi con società
terze;
- fare
attenzione a ciò che pubblichiamo online: un potenziale ladro di
identità cercherà tutti i nostri profili e le informazioni che abbiamo messo
online, non si limiterà a un solo sito; più condividiamo informazioni più
facilitiamo il lavoro di chi vuole rubarci l’identità; ad esempio, la
condivisione di una foto di un animale domestico cui si è particolarmente
affezionati e il cui nome viene utilizzato come password della casella di posta
elettronica personale rischia di fare un grande regalo ai malintenzionati.
Inoltre, le informazioni contenute nei profili pubblici possono essere usate
anche per preparare esche perfette per tendere una trappola: è il meccanismo che
sta alla base del phishing e delle altre truffe perpetrate via
email.
- mantenere sempre
aggiornati il sistema operativo, l’antivirus, i programmi e le
applicazioni, non solo sul computer ma anche su tablet e
smartphone;
- controllare
spesso il proprio conto corrente per rendersi conto il prima possibile
di eventuali anomalie, come pagamenti non riconosciuti, e contattare subito la
propria banca.
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